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Comunità
Montana e itinerari tra i comuni
L'Ente più rappresentativo di questo territorio è
sicuramente la Comunità Montana
Valli Borbera e Spinti che comprende 11 Comuni di cui gestisce i
servizi sovracomunali, sostiene l'economia locale e incentiva il turismo.
Il territorio, infatti, ben si presta alla villeggiatura di tipo
famigliare, basata su piccoli-medi alberghi e locazioni stagionali a costi
contenuti e con divertimenti per tutti con impianti sportivi e ricreativi
attrezzati.
Vediamo gli 11 Comuni, uno per uno.
Vicino a Serravalle Scrivia si trova il primo centro della Comunità, Stazzano,
immerso in un verdeggiante paesaggio collinare. Probabile luogo di sosta o
di un possedimento della " gens Statiti" in età romana, viene
successivamente ceduto come feudo a vari signori fino a quando, nel 1157
con la bolla papale di Adriano IV viene assegnato a Tortona che a lungo,
anche se con alterne vicende, ne deterrà il
controllo.
Del passato feudale rimangono da vedere i
resti del castello, una torre e
parte delle cortine, originario del X secolo, divenuto nel tempo residenza
estiva, ma anche luogo di rifugio, dei vescovi di Tortona.
Accanto si
trova il Santuario ottocentesco del Sacro Cuore, opera dell'architetto
Giulio Leale nativo di Cassano Spinola, eretto quando il castello fu
trasformato in seminario. Quello della
N.S. del Montespineto.
invece, nelle forme attuali è un edificio seicentesco, ma, secondo la
tradizione, ha sostituito una chiesa precedente costruita dagli abitanti
come ringraziamento per lo scampato pericolo ai tempi di Federico
Barbarossa. Interessante è anche la chiesa cinquecentesca di
San
Giorgio che conserva le reliquie del santo.
Una menzione particolare merita il Museo Civico di Storia Naturale a Villa Gardella fondato nel 1980 per iniziativa del Gruppo Naturalisti di
Stazzano: è ricchissimo di minerali, fossili, resti antropologici, una
collezione ornitologica, anfibi, pesci, molluschi, insetti e custodisce il
più grande erbario della Provincia di Alessandria. Tra i cittadini
illustri si ricordano il pluridecorato Generale Antonio Ferrari
(1816-1886), il colonnello Amedeo Felice (18521921), il Senatore Carlo
Ferreri (1837-1910) e Carlo Cereti (1896- 1995) Professore emerito di
Diritto Costituzionale all'Università di Genova e membro di importanti
commissioni ministeriali.
Tra le associazioni si segnala I'A.S.A.M. Chorus di Stazzano molto attiva
nel proporre nella "Piccola stagione musicale" (luglio- settembre)
repertori sacri, liturgici, popolari e tradizionali.
Infine, per gli appassionati di escursioni, salendo alle frazione di Vargo
e Albarasca, attraverso comodi sentieri, si può raggiungere il Santuario
della Madonna della Neve.
Vero punto di partenza della Val Borbera è
Vignole Borbera,
un'amena conca primo luogo di accoglienza in zona, dove il turista può
trovare utili informazioni presso l'Ufficio Turistico della Comunità
Montana Valli Borbera e Spinti.
Il nome di origine latina indica un raggruppamento di case, ovvero un
sobborgo, prima gravitante sulla vicina
città romana di Libarna, poi,
dalla tarda antichità, legato all'Abbazia benedettina di Precipiano
dedicata a San Pietro di cui rimangono, oggi, poche tracce.
Successivamente passò sotto la signoria dei Rati e dei Lunati fino ad un
periodo di sudditanza allo Stato di Milano. Tra i monumenti visitabili vi
sono la chiesa di N.S. delle Grazie in località
Cioccale, costruita dopo
il 1836 come ringraziamento per le fine di un'epidemia di colera e la
settecentesca chiesa di San Lorenzo, con facciata barocca e caratteristico
campanile che termina a forma di bulbo.
Tra i personaggi illustri, Angelo Maria Alchili, abate di Precipitano nel
1633 e Domenico Macaggi (1891- 1969), senatore e direttore dell'Istituto
di Medicina Legale dell'Università di Genova. La località si
contraddistingue per la presenza di numerose strutture ricettive,
culturali (tra cui la ricca biblioteca) e di divertimento, nonché per il
ricco calendario estivo di appuntamenti di musica classica.
Sempre in campo musicale ogni anno si contraddistingue l'attività della
Corale Vignolese, costituita nel 1981, che ne promuove la diffusione
soprattutto tra i giovani.
Dopo 7 km si raggiunge Borghetto Borbera, altro centro di villeggiatura
rinomato e ricco di attrattive di vario genere.
Il borgo è documentato a partire dal 1319, ma probabilmente fu fondato nel
secolo precedente per volontà della famiglia
Americi di Piobbeto da cui
derivò il nome originario, "Borgo degli Americi".
A documentarne il passato medievale rimangono i resti delle
fortificazioni, la porta urbica e le absidi romaniche della
chiesa di San
Vittore. Di XII secolo è l'origine della chiesa di San Michele
riscontrabile nel paramento murario e nell'abside,mentre la facciata
rivela rifacimenti successivi. Più tarde sono, invece,
le chiese di Sant'Antonio
e di Santo Stefano. Anche il territorio di Borghetto è costellato di
antiche testimonianze. E' vistabile il castello di Torre Ratti, dimora
fortificata di origine quattrocentesca con elementi decorativi barocchi,
oggi sede di un albergo-ristorante. Poche tracce, tra cui una torre
d'avvistamento e il muro di cinta, rimangono, invece, del
maniero di Sorli
risalente al XII secolo, proprietà sum messivamente dei Visconti di Milano
e, poi, della famiglia Lunati. Infine, di grande importanza storica è
stata l'abbazia di San Pietro, in frazione
Molo, una probabile filiazione
del monastero di Bobbio con funzioni di presidio, fortificata e con al
centro una torre da cui si gode uno splendido panorama. Tra le
associazioni culturali sono molto attivi il Corpo Musicale "E. e A.
Mongiardini", fondato nel 1899, e la Compagnia Teatrale "Angelo Arrighetti"
costituita nel 1920 dall'omonimo avvocato che, ripresa attività dopo un
periodo di difficoltà, si propone di valorizzare la parlata locale
attraverso il ricco patrimonio di commedie scritte proprio in dialetto che
pro senta ogni anno.
Proseguendo in direzione Cantalupo Ligure, di frazione in frazione ci si
imbatte in uno degli scenari più incantevoli e inquietante al tempo
stesso: le Strette di Pertuso, il Gran Canyon scavato
dal torrente Borbera, proprio nei luoghi della Resistenza. Qui rimordano
questi avvenimenti la lapide al Ponte del Carmine e la stele di Pertuso,
opera di Nicola Neonato "Pollaiolo" dedicata alla divisione partigiana
"Pinna Cichero". Si apre qui alla vista un susseguirsi di burroni,
precipizi, gole e baratri suggestivi erosi nel corso di millenni.
L'abitato di Cantalupo
Ligure oggi è sode della Comunità Montana Valli
Borbera e Spinti.
In passato è stato a lungo feudo della famiglia genovese degli Spinola, il
cui mastello passò, per mancanza di eredi legittimi, alla dinastia degli
Adorno dopo il 1518: oggi è visibile nelle forme signorili in cui fu
rimodellato dopo una frana nel XVII secolo. Poche rovine rimangono,
invece, della trecentesca parrocchiale di San Giulio, mentre è visitabile
la novecentesca chiesa di Santa Caterina con caratteristico campanile a
terminazione a cipolla. Fuori paese, invece, si trova il monumento al
partigiano russo Fiodor Polataov della brigata "Oreste" morto eroicamente
durante la battaglia di Cantalupo.
Famosa tra le tradizioni locali è la rievocazione storica della
trebbiatura del grano a fine luglio: da segnalare, infine, in fraziono
Borgo Adorno, un'azienda didattico sperimentale ricavata in un antico
ricetto medievale sotto la direzione dell'Università di Milano per la
produzione di formaggette di capra. Da segnalare che da Cantalupo, lungo
la Val Besante, ci si può inerpicare fino al
Monte Giarolo. Seguendo,
invece, la provinciale, a un certo punto, ci sono duo alternative di
percorso, come per l'antica via del sale. La prima raggiunge
Albera Ligure,
il cui toponimo ricorda un centro di probabile origino ligure, divenuto
nel Medioevo un importante centro amministrativo. Di questo glorioso
passato rimane un porticato a due piani appartenente alla vecchia pieve,
oggi addossato alla parrocchiale barocca. Invece, l'Abbazia di Vendersi
conserva come unica testimonianza di XI secolo un coperchio di sarcofago
in granito sul muro esterno della chiesa (oggi dei SS. Matteo e
Fortunato), forse chiusura di una sepoltura di alto rango.
Da segnalare qui vicino, a Volpara, il
Museo di Vita Contadina riaperto
nel settembre del 2000 con l'intento di custodire le tracce e le
testimonianze di una civiltà così radicata e tuttora predominante e il
suggestivo mulino ad acqua in fraz.
Mulino di Santa Maria recentemente
ristrutturato. Poco oltre si giunge a
Cabella Ligure
posta alla confluenza tra il Borbera e il Liassa e si entra, così, nella
media valle. Attendono il turista i freschi boschi di
Rosano e di
Montaldo
e una grande ricchezza di prati e sorgenti.
Il borgo, di origine medievale, è stato a lungo sotto il controllo della
Repubblica di Genova e delle famiglie a essa legato, gli Spinola, i Doria
e i Pallavicino.
Da vedere, in frazione
Cremonte, i resti di una torre
di XI secolo, ultima testimonianza del castello fatto edificare dal
vescovo di Tortona a controllo dei versanti contro le incursioni saracene.
Nel centro, invece, spiccano la seicentesca
chiesa di San Lorenzo con decorazioni e altari donati dagli Spinola (che
fecero edificare il Santuario di N. S. di Dovanelli) e il
Palazzo Spinola
Doria Pallavicino, di origine medievale, ma seicentesco nelle forte
attuali, ossi sede di divulgazione di sahaja yoga, filosofico che raduna
qui ogni anno migliaia di proseliti. E' nativo di Cabella Giovanni David
(17431790) pittore e incisore di fata di cui sono conservati 4 ovali nella
chiesa di San Giovanni Battista ad Albera Ligure.
E' molto attiva in valle la Corale Alta Val Borbera costituita nel 1990
per volontà di un gruppo di volontari che animano periodicamente con le
loro esibizioni diverse comunità parrocchiali.
Da qui ci sono tolte alternative di percorso. Seguendo la riva destra del
Borbera e la provinciale 140 si raggiungono
Cosola e Capanne di Cosola,
dislocate colle pendici dei Monti Ebro e Chiappo, rinomate località di
villeggiatura ossi, cote un tempo, invece, famose e nodali per
l'importanza commerciale.
Lungo la riva sinistra del Borbera, invece, si può risalire, passando
oltre il ponte di Rosano, la Val Gordenella, verdissima e rigogliosa,
costellata di piccoli centri fino a
San Clemente, da dove ci si può
dirigere in Val Vobbia. Da vedere il vecchio mulino di Casalbusone.
Proseguendo sempre lungo la provinciale 147, appena prima del ponte del
Capannone, svoltando per Agneto, si va alla riscoperta delle
Valli di Berga e Campassi, dominate dalle orchidee e dalle arniche. Qui, di
recente, sono stati ricoperti dei percorsi escursionistici tolto
interessanti lungo i quali attirare vecchi mulini. La provinciale 147
porta direttamente, tra faggi, castagni e borghi caratteristici, coi 1000
t di Carrega Ligure,
antico centro di transito tra i mercati
piacentini e la costa ligure.
E' famosa per il Museo della Cultura Popolare dell'alta Val Borbera: qui
il turista può attirare circa 500 vecchi strumenti e macchinari commentati
direttamente dagli anziani del borgo e allestiti in base coi cicli di
lavorazione, da quello del grano a quello delle castagne fino coi mezzi di
trasporto e cogli utensili da cucina. Il centro conserva antiche
testimonianze: il castello Malaspina Fieschi Doria, di origine
altomedioevale, di cui è ancora visibile la torre circolare e un tratto
del muro di cinta e la chiesa di San Giuliano risalente al XII secolo, ma
ora in forte cinquecentesche di notevole pregio.
Da ricordare ancora, per l'importanza storica, in frazione
Magioncalda, la chiesetta di XII secolo che era in passato la grangia
dell'abbazia cistercense di Rivalta Scrivia e la strada della Resistenza
che conduce a Capanne di Carrega
e che ricorda i luoghi dove si organizzarono i primi nuclei partigiani in
zona e dove furono paracadutati i primi alleati.
Se, invece, da Cantalupo si sceglie il secondo itinerario, a destra di San
Nazzaro, si arriva a
Rocchetta Ligure,
centro che, posto alla confluenza tra il Torrente Sisola e il Borbera,
accoglie il turista con paesaggi ampi e boschi rigogliosi.
Il centro storico è dominato da un gruppo caratteristico di abitazioni
quattrocentesche, i cosiddetti "marughi", costruite sul tracciato
dell'antica via del sale, della cui importanza commerciale rimane ancora
come testimonianza, a sud del borgo, la porta di Valle Sisola dove un
tempo si pagava il dazio.
Da non perdere è il Museo della
Resistenza che in tre sale ricorda gli eventi più significativi
della guerra partigiana tra 1943 e 1945 attraverso documentazione
fotografica, testi, oggetti, armi e ricostruzione di ambienti. Infine, da
visitare è il seicentesco Palazzo Spinola articolato su una grande corte
centrale; già sede dei Municipio, ospita da poco tempo anche il Centro
Living Theatre Europa, famoso corpo teatrale americano di spiccato impegno
civile (si ricordano gli spettacoli "The connection", "The Brig" e
"L'eredità di Caino") che qui prepara e presenta in anteprima i suoi
spettacoli, prima di portarli in tournée in tutto il mondo. Seguendo la
provinciale 145 si possono vedere due mulini ad acqua ancora funzionanti a
Magliaro Inferiore e a Pravaglione. Finalmente, dopo 12 km, si giunge a Mongiardino Ligure.
E' una località distribuita su un'ampia conca in numerose frazioni,
Vergagni, Gordena e Maggiolo, ciascuna con la propria chiesa da vedere. Si
segnalano, sempre in zona Vergagni, i resti del castello trecentesco
proprietà degli Spinola, un muro perimetrale, dei bastioni e una cisterna
per la raccolta dell'acqua. Questa terra è famosa per la natura
rigogliosa: primule, genziane, ranuncoli, orchidacee e il giglio rosso di
San Giovanni rappresentano i colori e i profumi dominanti, grazie al suo
clima e alla conformazione geografica.
Dal Monte Ebro (1700msl)
si domina tutta la valle e l'Appennino fino al mare.
Tornando indietro a Sisola, invece, si può risalire lungo la provinciale
144 a Roccaforte Ligure,
da non perdere assolutamente nel periodo
della fioritura dei narcisi del"
bosco delle fate".
Castrum di origine medievale, il borgo fu prima proprietà dei vescovi di
Tortona e successivamente, dal XV secolo, della famiglia Spinola. Da
segnalare i ruderi del castello Malaspina Spinola, eretto in epoca altomedievale con scopi difensivi contro le incursioni saracene e
rimaneggiato quando passò alle due diverse casate. La chiesa seicentesca
di San Giorgio custodisce un pregevole dipinto di Napoleone Spinola e tele
di Giovanni Andrea de Ferrari. Roccaforte, inoltre, è stato luogo di uno
dei più importanti ritrovamenti archeologici di età romana della zona:
qui, infatti, è stata rinvenuta la famosa "ara delle matrone", altare
votivo testimonianza della presenza romana in valle, oggi conservata nella
sede del Comune. Da qui si ridiscende lungo la
Valle Spinti, seguendo
sempre la provinciale 144, tra aspri costoni incisi dall'erosione e si
arriva Grondona.
L'attuale abitato corrisponde al feudo
di XII appartenuto agli Obertenghi Adalbertini, mentre del centro
altomedievale non si ha la precisa locazione. Successivamente il borgo
risultò alle dipendenze di Tortona, a quelle dei Fieschi dal 1310 e a
quelle dei Doria dal 1548 al 1797.
Molte le attrattive da visitare nel borgo di aspetto genovese:
la chiesa
dell'Annunziata in stile romanico con affreschi quattrocenteschi dei
fratelli Boxilio e una Madonna lignea del Maragliano, la chiesa di
Santa Maria Assunta, anch'essa di stile romanico, come il campanile, decorata
con sculture settecentesche e, infine, la torre cinquecentesca, l'unica
superstite delle tre originarie, ultima testimonianza del castello della
famiglia Doria crollato nel 1934.
Luoghi e
curiosità
Il Montebore
Montebore è una frazione del comune di Dernice, in Val Curone, ma
sullo spartiacque tra le valli del Grue e del Borbera. Un angolo di
selvaggia bellezza, un pugno di case sovrastate da una roccia di arenaria
scavata dai calanchi. Sulla sommità i resti di un castello, o torre
saracena che fosse. La fama del luogo, però, è legata a una formaggetta di
latte vaccino e ovino la cui storia è antichissima.
Già conosciuto nel XII secolo, del Montebore, per secoli prodotto ed
esportato verso Genova e la Lombardia, se ne era persa ogni traccia.
Grazie ad una accurata ricerca, da parte di un esponente del locale
presidio di Slow Food, è stato letteralmente "resuscitato", rintracciando
la signora Bracco, ultima depositaria della tecnica casearia tradizionale,
che si era resa disponibile per riavviare la produzione. E il Montebore è
così diventato lo "scoop " di Cheese '99, conteso dalla stampa mondiale.
Una fama meritata, peraltro, per l'originalità di questo formaggio a latte
crudo, 75% vaccino, 25% ovino, dalla forma unica (un tronco di cono a
gradoni, modellato sul rudere del castello: il "castellano ", appunto) e
dal sapore antico, che può essere gustato fresco, semistagionato (15
giorni) o da grattugia.
Per comprare il Montebore bisognerà avere ancora un po' di pazienza in
quanto la produzione è ancora limitata.
Il Timorasso
Nel vasto e prestigioso panorama vitivinicolo
alessandrino un posto di una certa importanza spetta al Timorasso. Si
tratta di un vitigno autoctono a bacca bianca di qualità, coltivato nelle
Valli Curone, Grue, Ossona e Val Borbera. In quest'area la vite trova un
valido "habitat" grazie al terreno, al lungo soleggiamento e per la
posizione al riparo dei venti.
La sua produzione è assai limitata, ma di alta qualità. Il vino che se ne
ricava, di buona struttura, è assai rinomato tra i buongustai; appartiene
all'ultima generazione dei "bianchi" della provincia di Alessandria,
nonostante le sue origini antiche. Il Timorasso, infatti, è un vino che
gli agricoltori di queste zone hanno prodotto ,fin da tempi remoti, ma che
solo in anni recenti, verso la fine degli anni ottanta, dopo un lungo
periodo di abbandono, hanno ripreso ad impiantare. Il grappolo si presenta
mediogrande; è abbastanza compatto, allungato. I suoi acini sono di media
grandezza. sferici, con buccia di colore verde-giallo spessa e resistente;
la polpa è carnosa e di sapore neutro. La foglia, pentalobata, non è tanto
grande; è di colore verde scuro con la parte inferiore che presenta una
leggera lanuggine e con nervature marcate. Il picciolo è lungo, di colore
verde e venature rosso-violaceo. La produttività del Timorasso è
decisamente incostante; in compenso è abbastanza resistente alle malattie
e agli eventi atmosferici. La sua vigoria vegetativa è inferiore alla
media delle uve bianche. Il vino che viene prodotto è bianco asciutto,
corposo e più alcolico del Cortese. Recentemente i dati di alcune prove lo
indicano anche adatto ad un breve invecchiamento.
Il Timorasso ha tutte le carte in regola per entrare a far parte dei
giusti abbinamenti nella cucina del territorio e diventare quel "qualcosa
in più" da proporre fuori dai confini locali.
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