Il Gavi D.O.C.G.
 [Uva & Vitigno]

Geograficamente Gavi  è situata nel Piemonte meridionale, praticamente al confine con la Liguria e quindi a ridosso delle montagne dell'Appennino Ligure. Si può considerare in termine più generico come appartenente alle cosiddette "regioni pedemontane" che includono, oltre che Piemonte e Valle D'Aosta, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia.
     In queste regioni riscontriamo un clima definito per l'appunto di tipo pedemontano, caratterizzato da inverni piuttosto rigidi, estati calde e primavere ed autunni piuttosto miti, più o meno piovosi. Sono queste le connotazioni classiche della "fascia del fruttato", tipica di quelle regioni che stanno di sopra del 44° parallelo, dove si producono vini, pur con qualche eccezione, di gradazione alcolica non elevata, ma di profumo complesso e spiccato.         


Grappolo di Cortese

Invecchiamento minimo per legge: non dato
Età di degustazione: giovane
Temperatura di degustazione: 8-12 C°
Colore: Paglierino più o meno tenue
Profumo: Fine, delicato, caratteristico
Sapore: Asciutto, gradevole gusto fresco ed armonico
Abbinamento: Antipasti magri, formaggi, pesce.

D.O.C. dal 1974 -- D.O.C.G. dal 1998
Zona di produzione:
11 Comuni dell'Alessandrino

Superficie Denominazione (Ettari): 1035
Produzione Media annua (Quintali): 95
Produzione Media annua (Ettari): 54000
Uve:
Cortese 100%

Gradazione alcolica minima: 10,5 % Vol.

   

 

Con il riconoscimento della D.O.C.G., il Gavi ha completato un percorso che lo ha reso famoso in tutto il mondo. E' prodotto in oltre 7 milioni di bottiglie, anche nella tipologia spumante. I primi impianti razionali in grande stile di Cortese, vitigno autoctono già citato nel Seicento, sono dovuti alla famiglia dei Cambiaso  nelle tenute Centuriona e Toledana nel 1876. L'obiettivo era produrre vino bianco per le mense liguri, ben conservabile grazie al buon tenore di acidità, e l'esempio fu presto seguito dalle altre grandi tenute dei migliori casati genovesi a partire dai Raggio. 
L'affermazione del Cortese di Gavi porta piano piano all'abbandono dei vitigni a bacca rossa, con una specializzazione che, sotto la spinta qualitativa e promozionale di grandi aziende, la Scolca per prima, arriva nel 1974 alla Doc Gavi.


 

 

   

Sono circa 150 le grandi, medie  e piccole aziende produttrici dello straordinario vino impegnate per soddisfare la richiesta e che aderiscono al Consorzio Tutela del Gavi. Un mercato che è in continua espansione grazie alla elevata qualità del prodotto, ottenuto dall'entusiasmo, passione e dedizione di gente che al culto del vino dedica la propria esistenza. Sono i nipoti e pronipoti dei pionieri della nobile arte del vinificare la pregiata uva Cortese, che svolgono questa attività non solo come fonte di reddito, bensì come una missione che va ben oltre e diventa una essenza artistica, imbottigliata da esportare e fare conoscere nel mondo.     

 

Dalla vite alla degustazione

I sumeri, poi gli egiziani e greci e quindi gli etruschi, furono i primi produttori di vino. La vite è una pianta antichissima che da milioni di anni è presente nelle zone temperate del pianeta, ma solo da qualche migliaio di anni si è cominciato a produrre vino. Oggi l'Italia è il primo paese viticolo del mondo e l'Europa detiene l'80% della produzione mondiale.

Tra le varie specie esistenti la più importante è sicuramente la vitis vinifera alla quale appartengono quasi tutte le varietà da frutto.
La vite può vivere e fruttificare solo dove esistono le quattro stagioni. Già al tempo dell'Impero Romano vi erano circa 140 tipi di vino che circolavano a Roma che, per via dell'estensione dell'Impero, arrivavano da ogni parte. Dopo la caduta dell'impero il vino e la vite subirono una grave involuzione e resistettero bene solo all'interno dei monasteri. In seguito grazie a Carlo Magno, grande estimatore, il vino conobbe un nuovo boom. La vite era coltivabile senza grossi problemi fino a che ,circa 200 anni fa, dell'America sono arrivati dei parassiti che hanno quasi portato all'estinzione la vite europea.
Quelli degni di nota e molto pericolosi sono: La fillossera, che attacca le radici della pianta, la peronospora e l'oidio, che attaccano foglie e grappoli. Per tali motivi oggi si combattono ancora questi parassiti con prodotti a base di rame per la peronospora e zolfo per l'oidio. Questo tipo di trattamenti oggi sono molto meno "velenosi" che in passato ma efficaci e soprattutto necessari. Gli interventi vengono eseguiti a distanza di circa 10-12 giorni l'uno dall'altro. Il primo si effettua alla comparsa dei grappoli per evitare che vengano subito attaccati dalla peronospora l'ultimo almeno 45 giorni prima della vendemmia, questo per evitare che tracce di questi prodotti creino problemi alla fermentazione alcolica. Per la fillossera il problema è stato risolto con l'utilizzazione dell'apparato radicale americano che ne è immune. Oggi le piante europee hanno tutte il basale portante le radici di tipo americano, la parte fruttifera invece è europea e viene applicata per mezzo di un innesto.

Ogni anno la vite, quando è a riposo vegetativo, deve essere potata per ottenere una buona produzione sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Dal tipo di potatura dal numero di piante per ettaro e dal tipo di vigneto dipende in gran parte la qualità e la quantità dell'uva. Con la potatura vengono eliminati i tralci che hanno già dato il frutto, (se non fossero tagliati la pianta crescerebbe a dismisura e si spoglierebbe della vegetazione fruttifera, la vite è un vegetale parente della liana). I sistemi di potatura sono di diverso tipo a seconda dei fattori climatici e del tipo di vigneto. Nei climi ed ambienti più consoni alla coltivazione si cerca, dopo un'adeguata potatura, di avere dalla pianta la massima espansione vegetativa. Non dimentichiamo che più vegetazione c'è più è accentuata la fotosintesi clorofilliana e più zucchero ci sarà nell'acino (questo è uno dei motivi per cui si stà tornando decisamente ad impianti di vigneto a "filare", dato che essi garantiscono un maggiore sviluppo fogliare ed una esposizione al sole maggiore).

       
           Scorcio di vigna potata a San Cristoforo.

Il tralcio si pota più o meno corto a seconda dell'uva che si vuole produrre; più gemme avrà il tralcio più uva produrrà la vite e minore sarà la qualità. L'esposizione migliore che la vite può avere è quella a sud est per un ovvio motivo di esposizione al Sole, ed in collina.Le piantine (denominate barbatelle quando vengono acquistate in vivaio prima di essere piantate), cominciano a produrre intorno al 3° o 4° anno di età, raggiunto il 6° anno si ottiene già un'ottima produzione.
Il ciclo della vite durerà fino ai 30 anni, dopo conviene estirpare il vigneto, far riposare il terreno qualche anno e reimpiantare. In primavera la vite ricomincia a vegetare ed in seguito ci sarà la fioritura a cui segue la formazione di piccoli grappoli (allegagione). Prima dell'estate noteremo i grappoli già formati e verdi, mentre in piena estate c'è la fase dell' invaiatura dove l'acino per dilatazione cellulare si ammorbidisce e prende il colore (giallo o rosso) dalla buccia. Il momento della raccolta dipende molto dal vino che si vuole ottenere. Se si deve produrre uno spumante la raccolta sarà leggermente anticipata per avere una quantità di acidi superiore nell'uva (per motivi che non stò ad elencare), man mano che l'uva matura diminuiscono gli acidi e crescono gli zuccheri; al bilanciamento considerato ottimale si raccoglie l'uva. Cercando di rovinare gli acini il meno possibile, l'uva viene portata in cantina per la vinificazione. Il ciclo poi ricomincerà nuovamente.

  Caratteristica vigna sulle colline di Parodi Ligure.

Il vino è il prodotto della fermentazione alcolica, in presenza o in assenza di vinacce, che viene operata dai lieviti (presenti sulla buccia dell'acino). Il succo contenuto nell'acino si trasforma da liquido zuccherino a liquido alcolico tramite delle reazioni chimiche.
Il vino contiene circa 600 sostanze ( molte delle quali sono già presenti nel mosto). Il vino diversamente dal mosto, è costituito da una soluzione idroalcolica dove l'alcool è presente in quantità oscillanti, in genere, tra gli 80 ed i 140 millilitri di alcool etilico per litro ( 8° e 14° alcolici).Il mosto è costituito fondamentalmente da acqua (70-80%), glucosio, fruttosio e contiene un elevato numero di sostanze tra cui le più importanti sono l'acido tartarico, l'acido malico e l'acido citrico. Tali acidi determinano l'acidità totale del vino compresa di solito tra 4 e 8 grammi per litro.Vi sono poi pectine e tannini necessari per ottenere dei vini corposi.

I metodi di vinificazione sono fondamentalmente due: con o senza macerazione. Con macerazione significa che non vengono eliminate le bucce nei primi giorni in cui il mosto comincia a fermentare (questa tecnica è usata soprattutto per i rossi). Senza macerazione, detta in bianco, quando vengono eliminate le bucce prima della fermentazione (tecnica usata per i vini bianchi).
La vinificazione con macerazione dona il colore al vino oltre che i tannini e gli aromi.
Se ciò avvenisse per i vini bianchi , inizialmente risulterebbero più aromatici ma passerebbe in soluzione un eccesso di sostanza colorante, un eccesso di tannini e soprattutto delle sostanze ossidabili. Ne conseguirebbe una maggiore facilità all'ossidazione del vino, gli aromi si perderebbero in breve tempo e la vita organolettica diminuirebbe.

Per il bianco
, l'uva portata in cantina viene pigiata e diraspata (si separano gli acini e vengono eliminati i raspi); quindi si procederà alla pressatura delle bucce per ottenere ancora vino (il resto andrà in distilleria).
Con l'aggiunta di modeste quantità di anidride solforosa (per disinfettare i vasi e disinfettare la massa che talvolta può essere leggermente rovinata) il mosto viene messo a fermentare all'interno di vasi e ad una temperatura controllata di circa 18°-20° mediante dei refrigeratori (se la temperatura superasse i 37 gradi la fermentazione alcolica cesserebbe). Subito i lieviti (organismi monocellulari presenti nelle bucce, ma che spesso vengono aggiunti) danno il via alla fermentazione alcolica dove avviene la trasformazione degli zuccheri in alcol e anidride carbonica, con emissione di calore. Dopo alcuni giorni di fermentazione gli zuccheri vengono tutti trasformati in alcool e il processo si completa (non avendo più "carburante"), quindi ne risulterà un vino già secco. Oltre all'alcol si ottengono un gran numero di sostanze.
Dopo si procede al travaso in un'altro tino, rigorosamente impermeabile all'ossigeno, si eliminano le fecce depositate sul fondo, quindi si procede alla filtrazione del vino.


Nel vino rosso
invece le bucce rimangono per alcuni giorni per far sciogliere delle sostanze tra cui quelle coloranti.La temperatura del mosto nella fermentazione delle uve rosse deve aggirarsi intorno ai 26°.I gas che si sviluppano portano in superficie le bucce che devono essere spinte di tanto in tanto in basso per ossigenare i lieviti e rimescolare le masse per una perfetta riuscita. Alcuni tini sono dotati di una barriera ad una certa altezza per le bucce in modo che non salgano oltre un certo livello e rimangano sempre immerse nel mosto.

Facendo un accenno ad altri due metodi di vinificazione possiamo dire che esiste la vinificazione in rosato dove le bucce restano a contatto con il mosto solo per far diventare il vino rosato; quindi la macerazione carbonica , dove l'uva viene inserita in un contenitore per circa 15 giorni insieme ad anidride carbonica, successivamente viene fatta fermentare per 2 o 3 giorni e pochi giorni dopo il vino è pronto per la commercializzazione, questa tecnica è usata per ottenere il vino novello.


L'imbottigliamento del vino è una pratica che richiede molta attenzione soprattutto per i bianchi oltre all'utilizzazione di macchinari moderni ed estremamente costosi. Il vino, neanche a dirlo, va imbottigliato solo dopo aver eseguito le dovute filtrazioni che lo rendono "pulito" e privo di batteri che potrebbero alterarne il colore ed il gusto. Si elimina così il rischio di trovarsi di fronte a dei depositi all'interno della bottiglia, che hanno la sola "colpa" di essere antiestetici, o di un vino alterato. L'imbottigliamento, dunque, una pratica apparentemente semplice, ha una grande importanza per conservare inalterate tutte le fragranze del vino.

L'apertura della bottiglia, per il bianco e lo spumante, deve essere fatta nel momento in cui il vino viene consumato, mentre per il rosso, soprattutto se invecchiato, meglio stapparlo in anticipato. Tale operazione è resa necessaria per far allontanare l'odore di chiuso dal vino, imbottigliato da tempo e per migliorare le sue caratteristiche organolettiche. Quanto tempo prima dipende dal vino e dalla sua "vecchiaia", in generale va detto che più il vino è vecchio più necessita di tempo ma se vogliamo accelerare l'effetto dell'ossigenazione possiamo mettere il vino in una caraffa pochi minuti prima di servirlo.
Mai mettere in caraffa un vino bianco.

Per godere al massimo della bontà di un vino, dobbiamo essere attenti alla temperatura di servizio. Serviamo i bianchi ad una temperatura bassa mentre i rossi ad una più alta, questo perché a basse temperature si esalta il sapore astringente dei tannini, quindi il vino ci risulterebbe "amaro").
Più precisamente possiamo riassumere :
Lo spumante va degustato ad 8° gradi (circa) ;
un vino bianco giovane 10°,
un bianco dolce 12° ,
da barrique 14° ;
un vino rosato 11° ;
un vino rosso giovane a 16°,
un rosso robusto e di corpo 18°,
lungamente invecchiato anche 20°.
Naturalmente a tavola useremo i bianchi per portate leggere e pesce, i rossi per portate a base di carne, rossi invecchiati per portate impegnative e selvaggina.

   


Uva e Vitigno






Viti e uva Cortese





Vigne di Cortese





Germoglio





Germoglio alla fioritura





Grappolo in fioritura





Grappolo ancora acerbo in maturazione.





Tralci e grappoli maturi per la vendemmia


Chiunque volesse partecipare a rendere più esauriente questa pagina può contattare o inviare direttamente il materiale a:  elidio@aruba.it



Vitigno del Cortese


        Il primo esauriente trattato di questo vitigno è quello di Demaria e Leardi;
per dovere storico riportiamo integralmente la parte che riguarda il vitigno Cortese, unitamente al testo attualmente in vigore, che è stato redatto nel 1960 dai professori Dalmasso, Ricci e Dell'Olio.
Da allora, poco o nulla è cambiato dal punto di vista ampelografico mentre numerosi ed approfonditi studi da parte delle sezioni specialistiche delle Università di Torino e Piacenza hanno contribuito al miglioramento genetico, alla selezione del materiale da propagazione ed alla identificazione di precise esigenze nutrizionali, in modo da ottimalizzare anche le concimazioni.
Dunque nel 1870, Demaria e Leardi così descrivono il Cortese: "E il vitigno ad uve bianche più estesamente coltivato nella provincia di Alessandria; vi è indigeno, da lungo tempo conosciuto e coltivato alla rinfusa e misto ad altri vitigni. Oltre alla robustezza e fecondità sua , lo rende pregevole la bontà e la squisitezza del suo prodotto, che certamente è tale da raccomandarlo alla diligenza ed all'attenzione dei viticoltori.
Ha natura rustica e vigorosa, caccia molto, produce frutto a partire dal quarto anno ed, al quinto, è ferace assai e conserva la sua feracità quanto d'ordinario gli altri vitigni. Ama esposizioni soleggiate e di mezzogiorno, lo si trova coltivato e prospera sia in terreni calcarei, sia in argillosi e misti, come in terreni tufacei, resiste bene ai geli invernali e generalmente è poco danneggiato dalla crittogama.

Sarmenti: di colore cannella rossigno, striato, più scuro ai nodi robusti e rigogliosi, con internodi mediani, nodi prominenti e grossi; midollo medio, viticci  legnosi. Aderiscono fermamente al vecchio e resistono assai bene ai geli invernali.

Gemma: grossa, tumida, conica, lanugginosa alla cima e con squama alla base di color castano scuro. Si schiude in epoca media ed il fiore resiste bene alle piogge e nebbie ed ai venti primaverili e non è danneggiata dal melume.

Foglia: grande, allungata, con cinque lobi d'ordinario ben distinti, i seni superiori profondi ed i lobi inferiori che si accavalcano al peziolo.. E' spessa, liscia alla pagina superiore, glabra, ma con peli su quel la inferiore. Ha colore verde vivo che poi si copre di macchie giallastre e ferrugginose, nervature poco sa-lenti, ben indicata anche la sotto nervatura, biancastra alla pagina inferiore, il pezziolo mediano, verde con tinta rossiccia.


Frutto:  matura sul principio dell'epoca me­dia. Il
grappolo d'ordinario è voluminoso, di forma conica o che ad essa si accosta, lungo assai, coi racemoli distinti e grossi, col racemo erbaceo, di color verde pallido, alquanto lungo, ed alle volte con viticcio sporgente dal nodo. Gli acini sono spargoli, ma agglomerati e densi, rotondi, con 16 mm. circa di diame­tro, ma alquanto disuguali; aderiscono poco al racemo ed hanno color dorato con fondo verde chiarissimo e tinta fulva nella parte esposta ai raggi solari. Il fiocine è sottile, trasparente, pochissimo pruinoso; la polpa succosa, leggermente croccante, con due o tre vinaccioli. L uva ha sapore semplice, delicato, fino non senza sale: è salubre come mangereccia. Resiste poco alla pioggia ed all'umidità autunnale, e si conserva poco anche dopo staccata dalla pianta. E ricca di mosto e se ne ottiene un vino fruttato, sottile ed asciutto, mediamente alcolico, conservabile. Se ne possono anche fare pregevoli spumanti. Qualche volta, taluni lo mescolano con altre uve, particolarmente con la Malvasia e col Mosca-to". Passiamo ora all'ampelografia secondo Dalmasso, Ricci, Dell'Olio. La descrizione è stata fatta su di un clone di Cortese situato in comune di Gavi ed i dati erano stati controlla-ti con un altro clone coltivato nel comune di Melazzo (AL) e con altri della provincia di Alessandra ed Asti.

Germoglio di 10-20 cm. Apice: medio, lanugginoso, verde biancastro, con riflessi bronzei e sfumature agli orli. Foglioline apicali: leggero   tomento aracnoideo, di colore verde giallognolo chiaro con sfumature rossastre, con l’apice dei dentelli color giallo/dorato. Asse del germoglio: ricurvo. Nell’insieme il germoglio si presenta di colore verde chiaro con riflessi bronzati più accentuati verso la punta..
Germoglio alla fioritura. Apice: espanso, lanuginoso, di colore verde-biancastro. Foglioline apicali: spiegate, cotonose, con tomento più fitto nella pagina inferiore, di colore verde/biancastro chiaro. Foglioline basali: spiegate con tomento aracnoideo più fitto nella pagina inferiore di colore verde con riflessi giallo/dorati superiormente, più chiaro inferiormente. Asse del germoglio: a pastorale.

Tralcio erbaceo: a sezione ellittica, con contorno un po' angoloso con tomento aracnoideo diffuso, di color verde con striature vinose dalla parte del sole.

Viticci:bifidi o trifidi, formula: 0/1/2/0/1/2/0

Infiorescenza: lunghezza da 18 a 24 centimetri.

Fiore: corolla verde chiaro, giallognola verso l'apice, apertura normale a cappuccio, stami da 5 a 8, raramente 4, fiori morfologica-mente normali, uniformi, autofertili.

Foglia: di grandezza più che media, pentagonale, pentalobata, seno peziolare chiuso, con bordi sovrapposti, seni laterali superiori chiusi con bordi sovrapposti; seni inferiori a lira, chiusi; pagina superiore glabra verde cupo, con nervature di colore verde chiaro (talvolta con qualche sfumatura rosea al punto peziolare) pagina inferiore con tomento aracnoideo molto rado, di color verde chiaro con nervature dello stesso colore; lembo di medio spessore, un po' ondulato; denti irregolari, convessi da un lato e concavi dall'altro, a base larga, ben pronunciati. Picciolo: di lunghezza media e di grossezza più che media con tomento aracnoideo molto rado, di color verde chiaro con leggere sfumature vinose.

Colorazione autunnale delle foglie: verde/giallo/oro.

Grappolo a maturità industriale: grandezza più che media, piuttosto spargolo, conico/piramidale, con una o due ali, lunghezza di circa 20/25 cm.; peduncolo ben visibile, semi-legnoso (fino alla prima ramificazione), pedi­ce I li di media lunghezza, di color verde chiaro; cercine evidente, verde; pennello medio di color giallo/dorato chiaro. Acino: medio o più che medio leggermente ellissoide, con sezione trasversale circolare; buccia di media consistenza, non molto pruinosa, di color giallo/dorato dalla parte del sole, verde/giallognolo nella parte all'ombra; ombelico persistente e prominente; polpa succosa di sapore semplice, caratteristica, gradevole; separazione dell'acino da] pedicello facile. Vinaccioli: da 2 a 4, piriformi, con becco sottile di  grandezza media.

Tralcio legnoso: robusto ma un pò fragile, con sezione ellittica un po' appiattita; superficie liscia non pruinosa; corteccia bene aderente, di color grigio cinereo punteggiato, internodi di lunghezza media (10/12 cm.), nodi globosi; gemme coniche abbastanza sporgenti; cercine peziolare largo; midollo piuttosto abbondante.

Ubicazione: Longitudine: 3°39' - Latitudine; 44°41 - Altitudine: 180/200 m. s.l.m.. - Orientamento: Ovest - Appezzamento: collinare, con venti/5% di pendenza-
Terreno: di medio impasto tendente all'argilloso - Portinnesto: Berlandieri X Riparia Teleki 5 BB -Età: 6 anni - Sistema di allevamento; di meda espansione a filari - Forma di potatura; tipo Guyot.


Fenomeni vegetativi:
 
Germogliamento: medio (seconda metà di aprile).
Fioritura: media (verso la metà di giugno). Invaiatura: media (verso la metà di agosto). 
Maturazione: di 2a epoca (verso la metà di settembre).
Caduta delle foglie: normale (la quindicina di novembre).


Caratteristiche e attitudini colturali
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Vigoria:   notevole.
Produzione: normalmente abbondante e costante. Posizione del 1° germoglio fruttifero: 1ma gemma. Numero medio di infiorescenze per germoglio: 2. Fertilità delle femminelle: saltuaria trascurabile. Resistenza alle malattie e altre avversità: normale per quella parassita soffre relativamente meno di altri vitigni le gelate però ama esposizioni soleggiate: L'uva non resiste molto al le piogge autunnali. Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: buono particolarmente preferiti "Berlandien X Riparia 420 A", "Kober 5 BB" e "Rupestri du Lot".